La Comèdie, L’Inferno -77/120
Quando dagli occhi miei scomparve scena
che mi turbò e mi rese preoccupato,
voltomi e mi ritrassi per gran pena
anzi, pentito d’essermi girato.
XXXXXXXX XXXXXX e XXXXXXXXXX XXXX,
bannistri e dilettanti cantatori,
un grigio inno insieme ci cantaro
per supplicarci di tirarli fuori.
Il fuoco li arrostiva, poveracci!
ma non potei andare in loro aiuto,
con gli indumenti già ridotti a stracci
eran l’orchestra di quel triste imbuto.
Furono dissoni e stavano pagando
il loro era un mbli-mbli e pur maldestro,
e mentre a rincorar stavo provando
si fece avanti austero il mio Maestro,
e mi rimproverò p’aver sostato
ma io gli chiesi scusa prontamente,
anzi mi misi quasi inginocchiato
ed ebbi l’assoluzione dal Sergente.
Continuammo, era tutto nero,
attraversammo posti molto afosi,
tutto sembrava ostico e straniero
ne fummo spaventati e tanto rosi.
Come a colui che prende botta in testa
e resta a terra esanime e disteso,
io come colpito da tempesta
abbandonai la Guida e mi fui arreso.
Vi era un presagio di momenti cupi,
e la mia mente quasi barcollò,
fissavo ad occhi smorti quei dirupi
e la mia Guida, che mi rianimò.
Su roccia aguzza docile e mansueto,
sedeva un conoscente sventurato,
era XXXXXXXX XXXX zitto e quieto
che forse troppo avea filosofato.
Ora inveiva simile a un ossesso,
parlava solo e davasi risposte
a sue domande rispondea lui stesso
e gli bocciavan tutte le proposte.
Stavolta si commosse pure il Duca
ma io non lo sapevo cosa fare,
mi diede un bel buffetto sulla nuca
e ripigliammo in fretta il nostro andare.
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