Le memorie di Gasparuccio: Il tracollo dei Bonanno della Cattolica
(Palazzo Bosco della Cattolica – Palermo. Foto Remo Mirabella)
Già negli ultimi decenni del 700 la fortuna dei Bonanno Principi della Cattolica era tramontata. Avevano soggiogato tutto il loro patrimonio ed attendevano la fine formale del feudalesimo (1812) per poter vendere allegramente quel poco che restava.
Si diceva che era come il “volo delle rondini”. Infatti fu molto rapida la velocità con la quale i patrimoni ed i feudi passarono di mano dagli antichi feudatari alle nuove classi baronali emergenti.
L’ultimo Bonanno aveva tre figlie: Laura, Teresa e Adele da cui discende la Adele che conosco io, che racconta un sacco di balle sul palazzo di Cattolica che non ha mai visto e che nella sua immaginazione aveva un grande giardino fiorito in cui i suoi genitori giocavano. Agognava venire mia ospite a Cattolica per vedere la zona da cui discendeva la sua nobiltà. Non siamo riusciti mai a combinare. Era una funzionaria di Banca che lavorava a Roma e così sbarcava il lunario. Era sposata con un famoso giornalista della Rai (Mimmo Giordano Zir) che negli anni cinquanta del secolo scorso aveva molto successo nel bel mondo di Palermo.
Lo ricordo bene: alto, bello, slanciato ed aitante; con la parlata barocca e forbita del genere: “Contessa, mi dica se posso ancora sperare…(di accedere alle sue grazie)”. Insomma i Bonanno della Cattolica oltre che falliti si sono estinti dal lato maschile. I Principi Bonanno di cui hanno parlato recentemente le cronache mondane e scandalistiche dei giornali sono i Bonanno di Lingualossa provenienti da Siracusa. Niente a che fare con i nostri Bonanno ex feudatari del nostro paese.

Palazzo Bonanno – Cattolica Eraclea
Che fine hanno fatto i beni del Principe della Cattolica? Ecco le scarne notizie che ho io:
L’ultimo Bonanno, prima di essere decapitato, aveva già venduto nel 1819 la signoria di Canicattì in enfiteusi perpetua per 1.700 onze all’anno a Gabriele Chiaramonte Bordonaro, barone di Gebbiarossa. Anche a Canicattì ormai poco importava del Principe e si faceva avanti una nuova classe blasonata che sostituiva il vecchio feudatario. (La Lomia, Sammarco, Testasecca, Gangitano, Caramazza e per l’appunto anche i Bordonaro).
Gran parte dei feudi di Casa Cattolica, come racconterò (vedi capitolo “Le sorelle Alfani”) furono comprati dal notaio Carmelo Alfani di Siculiana, che era l’ultimo amministratore dei Bonanno.
La monumentale Villa Cattolica di Bagheria appartiene al Comune di Bagheria ed è sede di Museo con i meravigliosi dipinti di Guttuso.
Con atto del 1842 fu venduto dal Principe di Cattolica al Barone Giacomo Spoto il posto al seminario di Agrigento. Cioè il diritto ad indicare un alunnato gratuito. (In quel periodo il Principe vendeva tutto….)

Villa Cattolica – Bagheria
Il palazzo di Palermo in via Alessandro Paternostro fu venduto nel 1854 ai Signori Briuccia, antenati di Maria Briuccia, grande amica di mia madre. Durante l’ultima guerra subì bombardamenti devastanti ed ora restano sontuose tracce. Era un vero e proprio Palazzo Reale.
Un Briuccia a Montallegro (proprietario di un palazzetto ora trasformato in ristorante di lusso) possedeva tutte le terre a mare sopra Minoa con un bel baglio panoramico. Si tratta di parte del feudo Piana del Principe della Cattolica in gran parte venduto al Notaio Alfani. Questo Briuccia, scapolo, è morto in mani mercenarie e le sue terre sono rimaste al suo campiere (Bernardo D’Angelo) da me ben conosciuto. Briuccia aveva una bella automobile degli inizi del secolo tenuta sui cavalletti ed io da bambino ne ero affascinato.
Il palazzo di Cattolica, già da tempo pignorato, fu comprato nel 1838 dai Cenci Bolognetti. Successivamente il conte Alessandro Cenci Bolognetti lo vendette, per 400 onze, nel 1846 al Baronello Stanislao Spoto, figlio maggiore del mio grande avo Barone Giacomo Spoto. Quindi i Cenci Bolognetti sono rimasti a Cattolica solo per 8 anni dal 1838 al 1846. In archivio c’è una corrispondenza con Virginio Cenci Bolognetti, Principe di Vicovaro messo in mora per il recupero delle 400 onze perché sul Palazzo era stato posto un pignoramento per 4.900 onze da parte di tale Baronello Di Bolla (nome mai sentito) il quale aveva sposato una erede Bonanno ed era creditore di tale somma quale “dote di pareggio” della moglie e gli Spoto furono costretti a pagare. Ora pretendevano il rimborso da parte dei Cenci Bolognetti che avevano fatto un incauto acquisto.
A Roma a Piazza della Torretta ha aperto attorno al 2010/2011 una succursale dell’antica focacceria San Francesco che si trova a Palermo in Via Alessandro Paternostro nella vecchia Cappella del Palazzo del Principe della Cattolica. Nella parete principale c’è una lapide di marmo con una scritta che ricorda che nel 1834 i locali erano stati ceduti al cuoco di corte, tale Alaimo, che creò la focacceria come prima cucina popolare siciliana. Quindi il primo smembramento del palazzo è stato fatto nel 1834 mentre i Briuccia comprarono nel 1854. Queste vendite furono fatte da una delle tre figlie dell’ultimo Principe Giuseppe morto nel 1820?
Peppe Tortorici, mio grande amico, centenario ed ancora vivente, discendente da don Rosario Tortorici, ultimo amministratore del Principe e uno dei primi Sindaci di Cattolica (tra il 1830 e 1831), è il proprietario delle terre del “Principotto” con ancora i ruderi della vecchia fattoria che apparteneva al Principe della Cattolica. E’ un posto molto panoramico e molto fresco nell’estate afosa. C’era un vecchio palmento ed il mosto veniva convogliato nelle cantine del Principe attraverso una condotta di terracotta di cui ancora di trovano tracce. Il ”Principotto” era un bellissimo fondo molto fertile sul monte che sovrasta Cattolica. Il fatto che appartenga a Tortorici è l’ennesima dimostrazione di come gli amministratori si sostituiscano agli amministrati assenteisti.
La prima abitazione degli Isfar a Cattolica consisteva in una costruzione attorno ad un grande cortile con al centro una cisterna ed accanto la Chiesa della “Batia” (che esiste ancora). La Principessa Giovanna, prima feudataria di Cattolica, nel suo testamento lasciò questo complesso alle suore di Sant’Anna che per alcuni secoli la trasformarono in convento avendo cura della chiesa che aveva una balconata con accesso diretto dal convento. Successivamente, alla fine dell’ottocento parte del convento fu trasformato in scuola elementare femminile (con le suore che facevano da maestre). Io da bambino, negli anni della guerra, ho frequentato quella scuola. Successivamente negli anni cinquanta le suore si estinsero ed i locali divennero proprietà del Comune che negli anni settanta invece di restaurarli, li demolirono creando la biblioteca comunale ed altri uffici con un progetto molto discutibile.
Il Castello di Siculiana, di chiara struttura Chiaramontana, dai Bonanno passò agli Alfani e da questi agli Agnello. L’ultimo proprietario Franco Agnello (figlio di Stefano da me ben conosciuto) alla fine del secolo scorso (attorno al 1990) lo vendette ad una società che lo ha restaurato e lo utilizza per eventi (matrimoni, convegni etc).
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