Le Memorie di Gasparuccio: Significato di ricchezza
E’ pur vero che Gaspare Seniore dieci anni prima dell’acquisto del Feudo di Giardinelli (cioè nel 1774) aveva completato la costruzione del Palazzo Barocco di Cattolica che per quell’epoca rappresentava una magnificenza, con architetti e scalpellini venuti da lontano. Questo significa che era già molto ricco. Ricchezza formatasi con la gestione dei grani prodotti nel feudo di Santo Pietro? Non so dire.
E’ certo però che già a partire dalla metà del Settecento in tutti gli atti notarili ed in tutti i documenti parrocchiali Gaspare Seniore veniva chiamato Barone. Barone di cosa?
Inoltre secondo Lillo Miccichè che ha fatto studi approfonditi sul catasto borbonico, il Palazzo Borsellino di Agrigento (meglio conosciuto come Palazzo Lo Jacono), a quell’epoca appartenente alla nostra famiglia, è coevo a quello di Cattolica, costruito dagli stessi architetti e seguendo il medesimo stile. Gaspare Seniore quindi costruiva palazzi e comprava Feudi. Bravo.
Cosa significa essere molto ricco?
La ricchezza fin dai tempi di Omero, che descrive la casa di Menelao o di Alcinoo, ed anche ad Itaca la casa di Ulisse, si misurava non soltanto per gli oggetti impreziositi con oro, argento ed altri metalli (soltanto in epoca successiva l’oro veniva usato come moneta e merce di scambio) o stoffe e tessuti raffinati, ma soprattutto dalla quantità di greggi di buoi, mucche, pecore e maiali e dalla presenza di masserizie nelle dispense (olio, vino, farina).
Anche in Sicilia, dopo tre o quattro mila anni, negli atti dotali dei miei antenati, oltre alla quantità di “Once” (unità di misura del denaro) venivano elencati mobili, biancheria, oggetti d’oro, d’argento e numeri di vacche, di bovi e di pecore.
Intanto bisogna abbandonare l’idea romantica ed elegiaca che mi sarebbe piaciuto avere e cioè di un Borsellino contadino che dissoda la terra con l’aratro a chiodo, coltiva il suo campo, pota la sua vigna e alleva la sua mucca e qualche capra per trovare i mezzi di sussistenza. Già nel Seicento non è più cosi. Se c’è un Borsellino che possiede questa tenuta a tre chilometri da Agrigento con una casa nella quale può salire le scale a cavallo si capisce che è un Borsellino un po’ tracotante che ha imparato a far lavorare gli altri per il proprio tornaconto. Con Gaspare Seniore poi che costruisce Palazzi e compra Feudi e diventa pure Barone non è certamente più così.
Per trovare i Borsellino contadini, come me li sono immaginati io, bisogna andare molto più indietro nel tempo, in epoca remota quando vivevano in quella piccola zona della Sicilia e sempre si spostavano dal mare per ripararsi dalle incursioni piratesche che spesso venivano a razziare il raccolto ed a volte anche le donne. Contadini che vivevano in modo sobrio con i prodotti della terra che essi spessi producevano e cioè grano, vino, olio, carne, latticini. Per far questo era sufficiente avere un pezzo di terra ed allevare la vite e l’ulivo, seminare il grano e disporre di qualche mucca e poche capre e pecore, qualche maiale e pollame di varie specie.
Dedicarsi all’educazione dei figli, curare e seppellire i propri genitori e vivere serenamente in armonia.
Più numerosa è la famiglia maggiore è la quantità di terra che si può coltivare e maggiore sarà il numero degli animali che si possono allevare. Conseguentemente maggiore sarà la produzione.
Questo immagino si sia riprodotto per secoli e secoli nella mia famiglia. Questo tipo di agricoltori a Cattolica, quando ero bambino, venivano chiamati “burgisi ricchi”. Erano autosufficienti, vivevano in famiglie numerose in case spaziose con le varie generazioni di nonni e bimbi piccoli e con gli animali domestici nelle case a piano terra o in appositi recinti se vivevano in campagna e con dispense piene di ogni ben di Dio.
Erano i veri agricoltori e piccoli imprenditori. Non credo che fossero più di una decina le famiglie dei “burgisi ricchi” a Cattolica quando ero bambino..
Poi c’erano i fittavoli, cioè i contadini che non possedevano terra e prendevano in affitto (in gabella) un certo numero di ettari in base alla forza familiare. Per questo facevano molti figli; evadevano appena possibile l’obbligo della scuola e li portavano in campagna a lavorare. I bambini erano felici di non andare a scuola e seguire il padre. Tutto al più facevano soltanto la scuola elementare, giusto per imparare a leggere e scrivere.
Poi c’erano i “giornatieri”. Cioè i contadini che non riuscivano a prendere in gabella la terra e si offrivano per un lavoro remunerato a giornata. Li ricordo bene queste razze di contadini dalle facce rugose bruciate dal sole e con le mani sformate per il lavoro manuale. Erano simili alle bestie. Inoltre puzzavano. Non c’era acqua per lavarsi. I Borsellino erano così forse mille o duemila anni fa. Credo che presto divennero “burgisi ricchi”.
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