Gasparuccio: Finiamo con…l’inizio: prefazione alla “Cronaca e Storia della mia famiglia”
Nel 2012 mi sono deciso a digitalizzare tutte le informazioni che via via avevo raccolto in appunti, quadernetti e fogli volanti sui personaggi della mia famiglia. Notizie tratte dall’archivio e da conversazioni con mia madre.
Così è nata la prima edizione della “Cronaca e storia della mia famiglia” che poi ho stampato in 5 copie per regalarla per Natale ai miei figli ed ai miei fratelli.
Successivamente di anno in anno in “progress report” ho aggiornato quella prima edizione fino all’ultima di oltre 400 pagine, pubblicata nel 2015.
Trascrivo si seguito la prefazione alla prima e seconda edizione. Da qui ho tratto le notizie pubblicate nelle varie puntate che delle “memorie di Gasparuccio” che ora si concludono.
Prefazione
Quando ero studente a Firenze, una volta dalla Sicilia mi era stata chiesta una procura notarile per non so più quale affare ed io mi ero rivolto ai miei futuri suoceri per avere l’indirizzo del loro notaio. Mi risposero, quasi meravigliati per la mia richiesta, che loro non conoscevano alcun notaio.
In effetti mio suocero discendeva da una famosa famiglia di artisti (musicisti e pittori); la sua casa era frequentata da scrittori, editori, professori di università e vi si respirava una atmosfera particolare legata al mondo della cultura cosmopolita; basti pensare che per metà era americano (di Filadelfia) ed inoltre aveva ascendenze francesi e russe.
Non c’è da stupirsi quindi che non conoscessero un notaio. Non avevano contatti con la concretezza ed il mondo degli affari. Tutto il contrario della mia famiglia in Sicilia la cui visione della vita è strettamente legata alla dura realtà dell’agricoltura e della “roba” e la cui cultura è il risultato di secoli di isolamento.
Risalendo nelle generazioni, i miei familiari, quando non si sono sposati fra cugini, hanno sempre fatto matrimoni nell’ambito del paese o al massimo del paese confinante. Matrimoni combinati, “portati” si diceva, in modo che fossero adeguati sia per il livello patrimoniale ma soprattutto per la cultura, l’educazione e mentalità provinciale in modo che non ci fossero sorprese con qualcuna che avesse “grilli per il capo” e non si adeguasse alla serena vita di paese.
Era tutta gente che aveva una grande opinione di sé e mostrava un grande disprezzo per le altre classi sociali sia in basso, verso i miserabili contadini sia in alto verso l’alta aristocrazia di Palermo, ritenuta (devo dire con ragione) moralmente corrotta. Loro, i miei antenati, si ritenevano il meglio, il vero sale della terra. Niente e nessuno poteva fare loro impressione. Niente poteva scalfirli. Il vero concentrato di saggezza consisteva nel loro stile di vita, nel loro modo di fare. Forse avevano una qualche soggezione nei confronti dei professionisti (medici ed avvocati) che ne sapevano più di loro. Ma siccome li pagavano, si sentivano affrancati.
“Cu c’è megliu di nautri?”. Quante volte ho sentito questa frase! Ed è il massimo della presunzione. E devo dire che in effetti si vive bene quando, sia pure per ignoranza, non si hanno complessi di inferiorità. Ed i miei antenati non ne hanno avuti.
Per gli intellettuali e gli artisti, poi, il disprezzo era totale. Erano considerati stravaganti e buoni a nulla. Anche i preti, i poveri preti di paese, erano considerati come i loro camerieri che rendevano un servizio, il servizio religioso.
Questa è l’origine dell’arroganza e dell’incultura che mi sono trascinato dietro fino alla mia partenza per il continente.
Tracce di questa arroganza si trovano ancora, nonostante tutto, in mia figlia: si vede che i geni non sono acqua fresca….
Per chi scrivo queste note? Per l’archivio. Per lasciare in ordine le notizie che via via ho raccolto.
Sono andato indietro per tre o quattro secoli. Se Gaspare Seniore, oltre che comprare feudi e costruire palazzi, avesse fatto la stessa cosa, oggi sapremmo cosa facevano i Borsellino durante la dominazione araba!
Ma forse questo non interessa nessuno ed è di nessuno interesse. Come credo che interessi pochissime persone conoscere la storia che ora sto scrivendo. In effetti è una storia della grettezza, senza nessun riferimento all’arte, alla musica, alla letteratura, alla scienza. Ma è anche una storia del successo ottenuto col duro sacrificio e con la forte coesione familiare. E’ una storia piena di date, piena di parentele, piena di morti, piena di testamenti, piena di cause, piena di notai. Una storia per certi versi arida.
Eppure, ormai vicino alla fine della vita, ho sentito quasi una urgenza di scriverla questa storia e di mettere in ordine tutti i fogli che mi sono portato appresso per decenni, da quando chiedevo a mia madre di spiegarmi le parentele e riempivo quaderni e quaderni di appunti. Finalmente posso strappare tutto e riunificare tutto qui.
In archivio ho moltissimi epistolari che ho sistemato un po’ alla rinfusa e che non ho concretamente esplorato. Mi propongo di rimpolpare questa storia alla luce delle notizie che potrò ricavare da queste corrispondenze. Ed è per questo che nella copertina ho scritto PROGRESS REPORT, cioè stato della ricerca ad oggi. La ricerca mi diverte molto.
Alcune volte (poche: non più di tre o quattro) ho riportato (con il simpatico ed utile metodo del “copia ed incolla”) quanto da me già scritto nell’Alfabeto Autobiografico Siciliano.
Per i viventi (io, Dima, Fiamma, Giovanna, Ciccio, i miei cinque nipoti, Emanuele Antonio e gli altri cugini) ho creduto opportuno non riportare quanto ho scritto fino ad ora. Forse alla prossima edizione.
PREFAZIONE alla seconda edizione
Questa seconda edizione è di 398 pagine. Oltre 180 pagine in più rispetto all’edizione precedente. L’incremento è notevole; l’impianto tuttavia è rimasto lo stesso.
Ho lavorato a questo aggiornamento nel corso del 2014 nel mese passato a Fiè allo Sciliar in agosto e nelle tre settimane passate a Parigi a novembre. Il 2015 invece è stato dedicato all’appendice fotografica.
Sono stati aggiunti nuovi capitoli sia per le notizie nuove acquisite (“Feudo di San Pietro Superiore ed Inferiore”, “Eredità del Marchese Gaspare secondo la perizia Adragna”, “Le sorelle Alfani”, “I Parlapiano nel Seicento e Settecento”) sia per approfondimenti o reminiscenze personali (“Fonti di ricchezza ed amministrazione”, “Istruzione, educazione e cultura”, “Nostri ospiti e visitatori a Cattolica”).
Sono state trascritte, inoltre una ventina di lettere, in corsivo, utili per una migliore comprensione dell’argomento.
Ancora una volta non ho ritenuto opportuno riportare quanto scritto sulle persone viventi. Forse nella prossima edizione che comparirà nel 2017, quando compirò ottanta anni. Ad uno ottuagenario forse si possono perdonare giudizi non condivisibili. (Ovviamente mi riferisco ai miei figli ed ai miei nipoti).
L’edizione precedente credo sia stata letta soltanto da Leone, che ringrazio per l’attenzione. Tuttavia ho dato da leggere la sola prefazione a Daria e Luciana che mi hanno scritto una mail con il loro parere (una specie di recensione). Riporto di seguito le loro lettere:
Da Daria:
“24 settembre 2014
Caro Gaspare,
la cultura materiale è oggetto di molti studi e attenzione in tutta la storiografia recente a partire dalla grande storiografia francese delle famose “Annales”. Il bel palazzo di famiglia è frutto di un gusto per l’arte dell’architettura, così come i bei pavimenti, le decorazioni dei terrazzi.
Chi ha scelto queste cose era dotato di senso estetico, così come si trova in Sicilia nei centri minori, non solo a Palermo.
Quello che voglio dire, Gaspare, è che la cultura non è solo quella “alta” della pittura e della letteratura, anche la cultura del mangiare è a suo modo sofisticata, può rilevare tanti aspetti interessanti, il sovrapporsi di gusti diversi lasciati dalle tradizioni arabe, così come l’arte del ricamo. Faccio degli esempi a caso ma è solo per dire che nella tua introduzione coglievo come una frattura tra un mondo “alto” ed un mondo solo fatto di notai ed attaccamento alla dura realtà degli interessi.
Sono davvero ignorante sulla storia della Sicilia nei secoli scorsi ma secondo me ci possono essere molti aspetti interessanti da scoprire, proprio a partire dalla vita materiale.
Scusa questo sproloquio che mi è stato suscitato dalla lettura della tua introduzione, a questo punto sono curiosa di leggere il resto!
Un abbraccio affettuoso, pieno di nostalgia per lo splendore della Sicilia. Daria”
Da Luciana:
“7 novembre 2014
Caro Gaspare,
Mi sembra buono il tuo incipit e fai bene a seguire il tuo desiderio di dare una continuità ed un senso alla storia della tua famiglia. D’altronde come diceva Tolstoi solo le famiglie felici non hanno storia. Le altre hanno avvenimenti più o meno piacevoli, spiacevoli e significativi e più che altro, come ci insegnano i nostri studiosi della famiglia, hanno un mito.
Come osservi tu il mito della tua famiglia era legato al lavoro, al possesso, alle liti ed alle carte ad esso connesse ed ad una certezza della propria importanza, se pure nel microcosmo agrigentino. La famiglia di Fiamma privilegiava la cultura, le frequentazioni prestigiose ed un allargamento dei propri orizzonti geografici (Filadelfia, Francia e persino Russia, in questo caso speriamo non si trattasse di un mugik).
Il mito della mia famiglia era legato all’affettività, cornice costante all’interno della quale si imponevano due imperativi anche per noi bambini: dovere e lavoro. Ho avuto la fortuna (o sfortuna visto che era un modello che non sono riuscita a seguire?) di avere accanto una coppia di genitori che si amava e si rispettava, in una complementarietà nei loro compiti che non è venuta mai meno. Mi hanno insegnato ad amare la montagna…………..si radunavano lì per riprendere dialoghi e vicinanza. Anche tra loro, mai sentiti uno sgarbo o una lite. Li penso con tanto affetto. Li ho amati come loro mi amavano; mi spiace solo di non essere riuscita a trasmettere questo mito né a mio fratello né ai miei figli. Potrei scrivere tanto su dolcezze ed anche su severità, su premi concessi con grande parsimonia perché il dovere non aveva bisogno di riconoscimenti. Ma non ho la tua capacità. Tutto è scritto nel profondo.
Ti auguro di poter proseguire a Parigi nel tuo lavoro in serenità ed affetto con la tua Fiamma.
Un abbraccio Luciana
Daria parla dell’inesistenza di una frattura tra cultura “alta” e cultura “bassa”; Luciana parla del “mito” della famiglia.
Rifletterò su questi concetti.
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