I Borsellino: Il Marchese Gaspare, l’avverso destino tronca una esistenza fortunata
Morto Ferdinando IV, dopo ben sessantasei anni di regno, nel 1825 era succeduto al trono il figlio Francesco I, il quale nel suo breve regno (cinque anni a mala pena) dimostrò di essere un Re reazionario ed abulico anche per la sue malferme condizioni di salute. Aveva affidato la Sicilia ad un Luogotenente Generale del Regno (corrispondente alla figura di Vicerè) nella persona del Marchese Pietro Ugo delle Favare, passato alla storia come uno dei più feroci aguzzini, massimo persecutore dei liberali.
Quel periodo andrebbe meglio studiato per approfondire la veridicità di un complotto ordito dal Delle Favare con il Ministro della Difesa (Principe della Scaletta) ed il Capo della polizia (Del Carretto) per deporre Francesco I, di cui si aspettava la morte imminente per le sue crisi respiratorie ed impedire così la successione al figlio Ferdinando II considerato (a torto) di idee simpatizzanti per i liberali. Il complotto prevedeva la nomina di un reggente o anche la successione del fratello, Principe di Salerno, già prediletto dall’ormai defunta madre Maria Carolina, campione dei conservatori e dei reazionari.
Fatto sta che morto Francesco I, sale al trono il figlio Ferdinando II che come primo atto di governo, proprio nello stesso giorno della sua successione, nomina Luogotenente Generale per la Sicilia il proprio fratello, Conte di Siracusa ed ordina al Marchese Pietro Ugo delle Favare di lasciare l’isola nel giro di ventiquattro ore, pena l’immediata reclusione. Mai si era assistito a provvedimenti così drastici. Si vede che c’era stato proprio sentore di complotto e si voleva subito correre ai ripari.
Ho voluto presentare questo sintetico quadro della situazione politica della Sicilia in quegli anni per poter così comprendere il ruolo esercitato dal “Marchese Gaspare” che in connessione a tali avvenimenti ebbe la carriera spezzata, rischiando anche di vedere cancellata la sua stirpe.
Il “Marchese Gaspare” infatti, fin dall’inizio era stato uno stretto collaboratore del Marchese Ugo Delle Favare, ne condivideva pienamente le idee politiche e faceva parte del suo Gabinetto. Poi dopo due anni di collaborazione diretta e quotidiana a Palermo, nel 1827 aveva ottenuto la nomina a Ricevitore Generale della Provincia di Girgenti (Cioè esattore delle tasse).
La Ricevitoria Provinciale nell’organizzazione amministrativa del Regno costituiva l’ufficio più delicato ed il cuore stesso della macchina statale. E lì che si maneggiavano i soldi. Veniva data in “appalto” a personaggi di grande fiducia, fedeli al Re. Personaggi destinati ad arricchirsi in breve tempo ed in modo quasi certo perché per contratto il ricevitore era tenuto a versare una determinata somma a forfait non strettamente collegata a quanto in effetti veniva riscosso dai contribuenti. Certo, fare l’esattore delle tasse comportava una certa dose di cinismo per perseguire anche chi non ce la faceva. Ma questo è sempre stato il mestiere dell’esattore. Non capisco il motivo per cui il “Marchese Gaspare” volesse diventare sempre più ricco, rompendosi le scatole con un mestiere così odioso che oltretutto suscitava invidie e risentimenti.
Il “Marchese Gaspare” aveva dovuto rilasciare una cauzione per 20.000 onze (circa tre milioni e mezzo degli attuali euro. Una cifra enorme!) al Real Tesoro (Soldi andati perduti) ed aveva dovuto vincolare i 5 cespiti più importanti del suo patrimonio (1. Feudo di Giardinelli di Cammarata; 2. Feudo di Giardinelli di Sciacca; 3. Feudo di Sant’Agata di Busunè; 4. Feudo di Santo Pietro; 5. Palazzo a due piani in Via Bandiera a Palermo). Quel che contava era che aveva dato prova di fedeltà al Re Ferdinando prima ed al Marchese delle Favare dopo
Gli affari andavano a gonfie vele ed il “Marchese Gaspare” aveva coinvolto anche il figlio Francesco nell’attività della Ricevitoria che credo avesse sede nel Palazzo di Agrigento in seguito venduto e conosciuto come Palazzo Lo Jacono. Quello stesso Palazzo costruito in stile tardo barocco da “Gaspare Seniore” in epoca coeva alla costruzione del Palazzo di Cattolica.
Caduto il Delle Favare, era ovvio che iniziassero le vendette contro chi aveva suscitato le maggiori invidie ed il “Marchese Gaspare” era uno di questi. Per una calunniosa accusa “il Reggio delegato per lo stralcio” (tale Ignazio Agnese nemico personale del “Marchese Gaspare”) ordinò un controllo da farsi all’improvviso e così alle tre di notte poliziotti ed ispettori contabili fecero irruzione in casa del “Marchese Gaspare” per la verifica della cassa a sorpresa. L’obiettivo era quello di trovare una prova per arrestarlo e condurlo in prigione. Fu fatta la “contata” e fu trovato il numerario in perfetta corrispondenza. Caduta l’accusa di essersi appropriato del denaro regio, con grave scorno dell’Agnese, non si potette procedere all’arresto. Fu evitata l’umiliazione di vedere il “Marchese Gaspare” trascinato in prigione con le catene ai polsi. Tuttavia con il pretesto di errori formali nelle scritture della contabilità, nel gennaio 1830 il “Marchese Gaspare” venne sospeso dalla carica di Ricevitore Generale ed in sua sostituzione venne nominato provvisoriamente il Conte Vincenzo Gaetani d’Eriseo.
Mi sembra logico che con il cambio di gestione ci sia a cascata una ripercussione sugli incarichi di natura politica. Si chiama “spoil system” e viene praticata in tutte le democrazie del mondo; è la pratica politica secondo cui gli alti dirigenti della pubblica amministrazione cambiano con il cambiare del governo.
La stranezza e la grande ingiustizia è stata che per tutto il tempo che è durata la gestione provvisoria della Ricevitoria da parte del Conte Gaetani (ben tre anni) il “Marchese Gaspare” abbia dovuto continuare ad essere responsabile di fronte al Regio Tesoro, avendo dato cauzione mentre il Gaetani (nominato d’urgenza) non aveva dato alcuna cauzione. In effetti è successo che la gestione del Gaetani sia stata fallimentare (con ammanchi nelle ricevitorie di Grotte e di Naro) e che il “Marchese Gaspare” venisse condannato a risarcire il Regio Tesoro per questi ammanchi, pena la confisca dei beni dati in cauzione . Ho voluto sintetizzare in modo assai sommario questa complicata questione riguardante la persecuzione sopportata dal “Marchese Gaspare” per far capire che se pure è stato salvato l’onore e schivata la vergogna e l’umiliazione della carcerazione prevista, questa vicenda ha inciso profondamente nella nostra famiglia:
- Dal punto di vista morale, il “Marchese Gaspare” passò gli ultimi 13 anni della propria vita nella disperazione per l’ingiustizia subita. Soltanto la sua profonda fede religiosa gli fu di conforto mentre proprio in quegli anni ebbe un altro terribile colpo per la perdita della moglie cui era particolarmente legato. Inoltre fu tramandato per generazioni la più totale sfiducia verso la cosa pubblica, mentre veniva esaltato l’attaccamento agli interessi privati.
- Dal punto di vista materiale per la mazzata che sarebbe arrivata, due anni dopo la sua morte, con la decisione della Gran Corte dei Conti del 3.2.1844 che imponeva ai suoi eredi di pagare ben 32.945 ducati (circa due milioni di euro attuali) per il fallimento della Ricevitoria Generale per gli anni 1830/1832 gestita dal sostituto Conte Gaetani e di cui il “Marchese Gaspare” risultava responsabile, avendo dato cauzione.
Riporto un brano tratto da documenti dell’epoca inerenti la decennale
causa contro il Conte Gaetani per ottenere il rimborso ed il risarcimento dei
danni:
“Il Marchese D. Gaspare Borsellino patì la sventura della condanna senza giudizio, e dovette alla fine dopo
tre lustri di penare tra liti e brighe economiche fra dispendi e dilapidazioni, lasciar la vita, e con essa come retaggio ai di lui figli la continuazione dei mali, che li hanno dell’intutto immiseriti. Ma come è possibile, dirà ognuno, che un uomo onesto, un funzionario esatto, il cui patrimonio che sorpassava i duecentocinquantamila ducati (15 milioni di odierni euro) fu offerto nell’esame della di lui cauzione, abbia potuto essere lo zimbello di tanta sventura? Disgrazia cui ha dovuto soggiacere sebbene negli effetti mitigata dalla giustizia dell’augusto Ferdinando II cui giunsero direttamente le ragioni del calunniato e che ha causato la distruzione del Marchese Borsellino, da ultimo riconosciuto innocente. Ed oggi i di lui eredi altro compenso non sperano che quello di liberarsi dell’ultimo estrerminio quale si vorrebbe dannarli. Ignazio Agnese per necessità divenuto il più tremendo di lui persecutore, se non altro perché dopo aver indotto il Real Governo a tanti passi contro il Marchese Borsellino, era di lui interesse di far di tutto, perché il rigore governativo mai si mitigasse in prò del Marchese; vedeva anche quest’ultimo, e con occhio lacrimevole vedeva, per più e più pignoramenti il di lui bestiame svenduto, i di lui magazzini vuotati dei generi, i di lui mobili o nascosti o pignorati, il di lui vistoso reddito sequestrato e tutto questo non per giungere alla cassa del Tesoro la benchè menoma somma, ma solo per saziare i commissari delle loro diete e per far fronte alle spese di esecuzione, e dei depositari, moltiplicandosi gli atti, le custodie, i procedimenti pel solo interesse di coloro, che nella disgrazia del Borsellino trar doveano il loro vantaggio; ma badate il Marchese Borsellino non aveva fatto uso del denaro regio né tantomeno era debitore verso l’Erario, come ben sapete”
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