CATTOLICA. Indagini sul caso Fasulo, forse una tazza l’arma del presunto delitto
Tra le indagate dell’inchiesta sul “caso Fasulo” c’è anche la figlia della badante cattolicese già in carcere per lesioni aggravate dall’aver causato la morte dell’anziana che accudiva. E forse sarebbe stata individuata l’arma del presunto delitto.
Potrebbero essere i rilievi effettuati dai carabinieri del Ris di Messina a fare piena luce sulla morte della pensionata Anna Fasulo, di 85 anni, probabilmente tramortita dalla sua badante al fine di rapinarla di 30 mila euro.
In attesa degli esiti dell’autopsia, i carabinieri di Cattolica Eraclea guidati dal maresciallo Liborio Riggi, su disposizione del Pm di Agrigento Luca Sciarretta, hanno effettuato nei giorni scorsi e inviato ai Ris ulteriori accertamenti biologici per delle comparazioni genotipiche. Sia la badante Santa Mulone, 59 anni – rinchiusa nel carcere di Petrusa su ordinanza del Gip Luisa Turco con l’accusa di lesioni personali aggravate dalla morte – che la figlia Annalisa Marsala, 27 anni, sono state sottoposte ai test salivari, da cui sarà estrapolato il dna, i cui esiti saranno confrontati con alcuni elementi biologici rilevati dai Ris all’interno dell’abitazione della donna in cui sarebbe stata effettuata la rapina il 20 marzo scorso.
Poi l’anziana è morta il 16 aprile successivo per una serie di complicanze dovute, secondo le accuse, a un colpo in testa ricevuto con un oggetto contundente. Di grande interesse investigativo il ritrovamento, all’interno della casa di via Amendola, di una tazza sulla quale sarebbero state trovate tracce di sangue, un oggetto che potrebbe combaciare con il punto d’impatto che ha provocato la ferita alla testa dell’anziana.
La donna fu trasportata all’ospedale di Ribera dalla stessa badante che riferì che le ferite erano state causate da una caduta accidentale. Ma l’anziana, dopo una decina di giorni, trasferita a Foggia dove vive la sua unica figlia, seppur in gravi condizioni, in un momento di lucidità, riferì ai carabinieri di non essere caduta a terra ma di essere stata colpita alle spalle mentre era seduta.
Ad indagare sull’accaduto oltre alla Procura agrigentina anche quella di Foggia che ipotizza l’omicidio preterintenzionale e tra gli indagati per omicidio colposo, per “atto dovuto”, ci sarebbero anche sette sanitari, tra medici e infermieri, dell’ospedale di Ribera. A collaborare con gli avvocati della parte offesa, Michele Vaira e Angela Spagnolo, un consulente d’eccezione, l’ex generale dei carabinieri Luciano Garofano, per anni comandante del Ris di Parma. A difendere la donna arrestata e la figlia indagata per concorso sono gli avvocati Santo Lucia e Pietro Piro. Le due donne respingono le accuse e, sottolinea la difesa, si sono “sottoposte consensualmente senza nessuna opposizione ai test biologici richiesti dalla Procura certe di poter provare la loro innocenza”.
Da: Giornale di Sicilia
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