“Vi perdono ma vi dovete inginocchiare…” Tutti ricordano la disperata implorazione che Rosaria Schifani, allora poco più che ventenne, rivolse ai mafiosi, davanti alla bara del marito Vito, agente della scorta del giudice Falcone. Venti anni dopo, Rosaria ha deciso di fare fino in fondo i conti con se stessa e con le sue emozioni, tornando sui luoghi della tragedia. Rosaria ci racconta, in prima persona, una storia di dolore e di coraggio, la storia di una donna che, lasciando Palermo, la sua città, ha saputo offrire al figlio (oggi Emanuele ha vent’anni e nessun ricordo del padre) e a se stessa una nuova opportunità di vita. Rosaria non ha mai smesso di cercare i “perché” della mafia e, dopo vent’anni, la sua analisi del fenomeno che le ha stravolto l’esistenza è amara e disincantata. Oggi, come ieri, non crede che i mafiosi possano pentirsi ma a loro vuole dire che lei, con grande fatica, ha saputo ricostruire la sua vita, mentre loro restano avvolti in una spirale di morte, senza speranza.
STRAZIANTE!……. GRAZIE CEO PER AVERE RICORDATO QUEL 23/MAGGIO/1992…. UNA GIORNATA COSI’ PIENA DI ORRORE…..
MI FA RIFLETTERE LA FRASE DI
ROSARIA SCHIFANI:”NON ERA SUFFICIENTE PER ME QUELL’OMELIA IN QUEL MOMENTO AVREI VOLUTO CHE IL CARDINALE DICESSE QUALCOSA DI PIU’ FORTE”.
EH SI, PROPRIO COSI’, QUANTA RABBIA E QUANTO DOLORE ANCORA OGGI A DISTANZA DI VENT’ANNI.
GRAZIE GIOVANNI FALCONE, GRAZIE PAOLO BORSELLINO, GRAZIE PER ESSERE STATI COSI STRAORDINARIAMENTE “ASSETATI DI GIUSTIZIA E DI ONESTA'”, CHE POSSIATE ESSERE “ESEMPIO VIVO” OGNI GIORNO PER NOI E PER I NOSTRI GIOVANI.
DANIELA