di Gian Joseph Morici
Se gli italiani scoperti dalla Guardia di Finanza a truffare le tasse e i contributi europei, sono già 18mila, c’è da chiedersi quanti siano realmente le persone che fanno parte dell’esercito degli evasori fiscali.
Una prima stretta la si è già avuta con l’insediamento del nuovo governo, che per essere credibile agli occhi dell’Europa, doveva dimostrare – quantomeno nei propositi – di voler arginare il fenomeno dell’evasione fiscale che, insieme alla corruzione e alla mafia, in Italia rappresenta il pozzo senza fondo nel quale vanno a finire i servizi ai quali avrebbe diritto ogni cittadino, il futuro degli stipendi erogati dalla pubblica amministrazione e le pensioni di quanti hanno lavorato una vita per poi correre il rischio di dover chiedere l’elemosina una volta diventati anziani.
Sarà la paura dei possibili licenziamenti nella P.A.; sarà il timore di non potersi godere una meritata pensione; saranno i tagli a servizi indispensabili come scuola e sanità, sta di fatto che anche nell’immaginario collettivo degli italiani quelli che ieri erano “furbi”, adesso sono considerati alla stregua di delinquenti.
Ma qual è il volto della truffa e dell’evasione nel nostro paese? Si va dal grande imprenditore che lucra in nero e ha rapporti con la criminalità organizzata, al politico o burocrate tangentista, all’imprenditore che s’inventa il fallimento sottraendo i soldi al fisco e ai creditori, al professionista che non fattura quasi nulla, al paralitico sorpreso a ballare in discoteca, all’impiegato che in malattia si trova in vacanza nei Caraibi, a chi riscuote la pensione del parente defunto da dieci anni, allo studente universitario che si autoriduce le tasse, all’impiegato che arrotonda lo stipendio con un lavoro ben retribuito in nero, al piccolo commerciante che non emette lo scontrino fiscale, al parcheggiatore abusivo.
Tutti soggetti che con i loro comportamenti, fanno pagare al cittadino onesto il prezzo dei propri comportamenti illeciti.
Dinanzi al dilagare del fenomeno, all’acuirsi della crisi economica, che con le sue conseguenze sta portando ad azioni di forte protesta, anche la Chiesa ha dovuto prendere una posizione chiara: “Questa – ha detto Bagnasco, Arcivescovo di Genova aprendo i lavori del “parlamentino” dei vescovi italiani – è una stagione propizia per imprimere allo Stato e alla stessa comunità politica strutture e dinamiche più essenziali ed efficienti, lontane da sprechi e gigantismi. Per cooperare attivamente con il governo a riequilibrare l’assetto della spesa in termini di equità reale, e metter mano al comparto delle entrate attraverso un’azione di contrasto seria, efficace, inesorabile alle zone di evasione impunita, e ai cumuli di cariche e di prebende. La Chiesa – ha aggiunto Bagnasco – non ha esitazione ad accennare questo discorso, perché non può e non deve coprire auto-esenzioni improprie. Evadere le tasse è peccato. Per un soggetto religioso questo è addirittura motivo di scandalo”.
È notizia di oggi l’operazione condotta da quasi 200 accertatori dell’Agenzia delle entrate, da un centinaio di vigili urbani e da ispettori dell’Inps ai Navigli, corso Como e via Vittor Pisani a Milano.
Un blitz di verifiche fiscali a tappeto ai ristoranti e ai bar delle zone simbolo della movida milanese, che ricorda quanto già accaduto sotto Natale a Cortina e poi a Roma.
Ma siamo certi che quanto si sta facendo, sia sufficiente a ridimensionare il fenomeno e a far recuperare alle casse dello Stato quei miliardi di euro che ci servirebbero per venir fuori dalla crisi senza ricorrere ai licenziamenti, né al taglio delle pensioni che, ridotte già al di sotto dei limiti della mera sopravvivenza, potrebbe apparire una forma di eutanasia legalizzata?
Sicuramente questo non basta. Neppure questo governo ha avuto il coraggio e la capacità di fare ricorso a misure più serie, quali la patrimoniale, né al sequestro e successiva confisca dei beni di soggetti coinvolti in vicende di corruzione e malaffare. E’ così difficile verificare i depositi bancari, il possesso di immobili, le auto e le barche di lusso, viaggi e crociere e tante altre spese voluttuarie ed esose?
L’unica azione che ha parzialmente inciso su un fenomeno evasivo assai diffuso, è stata quella dell’ex ministro Renato Brunetta, d’intensificazione della lotta alle violazioni della legge sulle incompatibilità in materia di pubblico impiego, che, come riportato nella relazione alle Camere nel 2008, grazie a 900 controlli effettuati ha permesso il recupero di 23.743.200,09 euro, a seguito delle sanzioni versate all’Agenzia delle Entrate dai committenti, cioè i datori del secondo lavoro.
Un recupero anche di 8.544.348,78 euro, che rappresentavano somme indebitamente percepite dai dipendenti e che, recuperate dalle amministrazioni di appartenenza, sono andate a rimpinguare i fondi di produttività.
Ancora una volta, il governo oggi sembra preferire le linee meno drastiche, evitando accuratamente gli accertamenti patrimoniali e le verifiche sull’elevato tenore di vita mantenuto da soggetti il cui reddito potrebbe essere considerato al di sotto della soglia di povertà.
Sarà la crisi, più del governo, a costringere gli italiani a porre fine ad uno stato di cose ormai insostenibile? Si arriverà come in Grecia a mettere online l’elenco degli evasori? O poichè siamo in Italia, si renderà necessario creare pagine di denuncia, magari sui social network, per far sì che anche nelle più sperdute provincie del Bel Paese qualcosa cominci a cambiare?
lavalledeitempli.net
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