Francesco Mulè, il poeta cattolicese raccontato dal Corriere del Sud
intervista di Daniela Cecchini del Corriere del Sud
Di recente ho conosciuto personalmente il prof. Francesco Mulè, del quale avevo sentito spesso parlare nell’ambiente letterario, dove più o meno ci si conosce tutti. Superate le iniziali formalità di presentazione, dopo pochi minuti tra noi si è instaurato un dialogo fluido, visti i tanti interessi che ci trovano d’accordo.
Il poeta e scrittore Francesco Mulè, nome prestigioso nel panorama letterario, è una persona piacevole anche per il suo stile di porsi, semplice ed immediato. Un modo per mettere a proprio agio l’interlocutore, come usano fare solo le persone che non hanno bisogno di ostentare la loro preparazione, oppure i loro titoli accademici. E’ un piacere parlare con lui di letteratura antica e moderna, di filosofia greca, dalla quale ha preso spunto per il metodo pedagogico seguito nella sua lunga attività di insegnante.
Egli ama anche il giornalismo, che esercita da anni, scrivendo in molti giornali locali della Liguria, dove vive, e non solo. Insomma, un vero estimatore delle Arti letterarie, che cerca di approfondire costantemente, mettendosi sempre in gioco e progettando il futuro con l’entusiasmo di un adolescente.
E’ il fondatore e il presidente del “Circolo SMILE”, che da oltre vent’anni svolge attività di carattere umanistico volte alla divulgazione della poesia e della letteratura, anche attraverso i suoi noti premi letterari. Francesco Mulè nel corso dei cenacoli propone letture di componimenti poetici e di testi in prosa, certo dell’aulico valore della cultura, all’interno di un processo di crescita intellettuale per ogni individuo.
Ho avuto il piacere di intervistarlo e andando oltre l’incontrovertibile spessore culturale, ho scoperto un uomo sensibile, toccato fin dalla tenera età da drammi familiari, le cui cicatrici possono solo lenirsi nel tempo. Nella sua poetica, struggente e profonda, emergono puntuali il dolore, l’insuperabile travaglio interiore, ma anche la forza di una speranza che lo porta ad andare avanti, nonostante tutto, poiché la vita è un bene prezioso e questo concetto Francesco l’ha ben elaborato, attraverso precipui percorsi introspettivi, lunghi come labirinti scuri, ma che una volta attraversati conducono alla luce, quindi alla rinascita spirituale.
Recentemente è diventato nonno e la sua felicità traspare chiara dalle parole che riserva alla sua nipotina Miriam. Sta curando una collana di poesie, scritte in occasione della nascita della piccola dalle sue amiche poetesse, compresa la sottoscritta; un omaggio che verrà consegnato alla bambina quando sarà un po’ più grande; un gesto di grande amore, che denota la nobiltà del suo cuore.
La sua terra d’origine è la Sicilia e questo lei lo rivendica con orgoglio e tanta nostalgia, dal momento che vive in Liguria da oltre quarant’anni. Quali sono stati i motivi che l’hanno portata a trasferirsi?
Diversi e vari i motivi che mi hanno spinto a lasciare Cattolica Eraclea; fra essi, raggiungere la sicurezza nel mio lavoro d’insegnante, poiché fino a quel momento mi avevano assegnato supplenze ed incarichi a tempo determinato. Seconda ratio, il grande desiderio di conoscere nuovi ambienti, una nuova geografia, altra cultura che potesse soddisfare la mia forte sete di conoscenze, scambi di idee, nuovi modi di socializzazione e per ultimo, ma non ultimo, la fondazione, da parte mia, di un nuovo circolo culturale, di cui abbondava il mio piccolo paese.
Nel 1987 si è recato in vacanza con la famiglia nel suo paese Cattolica Eraclea. In quella speciale occasione è stata eseguita una canzone, della quale è autore del testo e della musica, dedicata al luogo dove ha trascorso la sua infanzia, fra odori, sapori e colori che sono rimasti impressi per sempre nella sua memoria. In tenera età ha perso la sua mamma; è possibile curare le ferite di un dolore così profondo?
Prima che nel 1987, mi ero recato a Cattolica Eraclea in occasione del mio viaggio di nozze con Anna, che avevo sposato il 7 luglio 1973. Sono stati giorni splendidi e momenti meravigliosi in compagnia di parenti e di tanti amici, che avevo lasciato col cuore distrutto. Posso dire di aver assaporato l’amicizia dei veri amici attraverso la mia forzata lontananza. Con loro sono rinato, ho apprezzato il valore dell’amicizia, sentimento che mi ha restituito una nuova vita.
La mamma? Mi è mancata e mi manca ancora tantissimo. La mamma lascia la Terra il 17 febbraio 1942, io avrei compiuto due anni il 21 febbraio di quell’anno, che ha chiuso le porte alla mia vita. Ho scritto tantissimo per lei, continuo a parlare sempre di lei, una sua foto mi porta puntualmente alla famiglia che lei ha lasciato a papà. Quattro figli: Marietta (Maria Mercede classe 1929), che ha dovuto interrompere gli studi classici a tredici anni per dedicarsi a noi e alle faccende domestiche; Michele (Michelangelo classe 1933, di otto anni e qualche mese), che durante la frequenza degli studi classici a Sciacca, distante dal mio paese una quarantina di kilometri, dava lezioni a me per farmi conseguire il diploma magistrale, poiché dopo la terza media non ho mai frequentato le superiori, per non gravare economicamente sulle spalle di mio padre, che svolgeva il mestiere di falegname; Ninetta (Antonina, classe 1936) che in seguito alla scomparsa di mamma, ha interrotto gli studi in quarta elementare.
La sua forte passione per la Poesia si fa riconoscere già nell’adolescenza, come si percepisce nella sua prima raccolta “I luoghi del tempo” intrisa di immagini in versi che riconducono alla sua adolescenza, fra tumulti dell’anima da raccontare, per fermare la memoria e fare tesoro di sensazioni uniche ed irripetibili. Quando ha iniziato a seguire le orme di Calliope?
Molto presto, frequentando le medie all’Istituto Ezio Contino, quando si studiava, specie in terza media, la letteratura italiana con i nostri grandi poeti, che mi hanno contagiato ed ammalato di poesia.
Leggevo e divoravo Dante, Leopardi, Pascoli, Manzoni, Carducci, Pirandello, Foscolo, Ungaretti, Montale, D’Annunzio e tanti altri ancora. Quelli erano tempi che privilegiavano il ruolo e l’importanza della memoria. Quante poesie e quanti classici imparavamo a memoria! Da allora ho capito che la poesia doveva essere per me l’unica valvola di sfogo per dimenticare la mia tragedia familiare e oggi per (ri)costruire in fantasia tutti quei momenti che non ho potuto vivere serenamente. Calliope, è stata ed è tuttora la dea della mia esistenza, con la dipartita il 9 settembre 1974 del nostro piccolo Angelo Gaetano a tre mesi e mezzo di vita e nel 1976 la scomparsa di mio papà, Angelo Gaetano; nel 2013 di mia sorella Marietta e, nel 2014, di mio fratello Michele. Mia sorella Ninetta è attualmente ricoverata in una casa di cura a Vallecrosia, dove vivo ed io? Solo con la mia poesia, col mio Circolo culturale “SMILE”, il mio Premio Letterario Internazionale “Giacomo Natta”, le mie conferenze, i miei premi SMILE, le mie prefazioni, recensioni, note di critica e così via.
L’amore per la poesia non sarà un fatto isolato e limitato al periodo adolescenziale, poiché nel tempo questa passione si trasforma in esigenza di comunicare, ovvero un modo per liberare le sensazioni che risiedono nella più intima sfera emozionale. Attraverso la poesia è possibile arrivare alla sublimazione del dolore?
Poco fa dicevo che la poesia è la mia valvola di sfogo, pertanto quel momento spirituale che tende ad annullare l’entità del dolore esistenziale, del male di vivere: “spesso il male di vivere ho incontrato” (Eugenio Montale).
Il dolore, in poesia, riesce molto bene a spiritualizzare e, quindi, a rendere spiritualizzante il nostro Ego, quando questo comunica nuove emozioni e nuove sensazioni. Poesia di sentimenti fondanti, giusti e veritieri; sentimenti suggeriti dalla voce del cuore, che sempre parla con la massima sincerità e lealtà.
Lei ama definirsi “malato di poesia e di letteratura”. Potrebbe spiegarmi meglio?
Certamente. Mi definisco malato di poesia, malato di cultura, dal momento che di queste non posso fare a meno. Ho resistito e resisto tuttora, dal 1994, anno in cui sono andato in pensione dall’insegnamento, che mi impegnava moltissimo nella mia professione di educatore, più che di insegnante. Ad un certo punto della mia vita ho deciso di intraprendere l’arte che sosteneva il metodo della filosofia socratica, la quale prevede che l’allievo raggiunga la conoscenza autonomamente attraverso il dialogo. Il vero poeta è, infatti, il grande ‘speleologo’ che scava dentro di sé per (ri)scoprirsi, per (ri)conoscere quello che prima di allora era la parte sconosciuta della propria psiche.
Vladimir Majakovskij sosteneva che la poesia è un viaggio nell’ignoto. Quindi, attraverso l’espressione in versi, è possibile arrivare a svelare a noi stessi anche l’aspetto più sconosciuto della nostra anima?
Condivido assolutamente il pensiero del poeta/scrittore russo. La poesia, infatti, non è che il frutto di parole/versi che, attraverso il lavoro attento dello ‘speleologo’ conduce fuori dalla nostra anima quel ‘noi’, ignorato da sempre. In altre parole, il poeta è il ricercatore della propria psiche mediante il continuo, perseverante travaglio della maieutica della filosofia socratiana, da cui nasce il meglio della nostra interiorità.
Portare in superficie luci ed ombre del nostro vissuto può destare sofferenza. La consapevolezza della solitudine interiore è sinonimo di infelicità, oppure stato di grazia, dal quale lasciarsi trasportare e trarne ispirazione poetica?
La solitudine precede il travaglio interiore del poeta. Dopo tale operazione attenta e interiorizzata, il poeta si può dichiarare vincente sullo stato, inizialmente negativo della solitudine. Io, sovente, proclamandomi vincitore, mi ritengo pienamente soddisfatto e quindi alleggerito di tale peso.
Splendida sintesi esistenziale la sua breve ed intensa poesia, quasi un Haiku: “Innatismo/ della memoria. Felicità/che ho trovato”. Avverto sempre una profonda nostalgia, dove chiama in soccorso la memoria, per arrivare all’ampio respiro della ri-trovata felicità. E’ corretta la mia interpretazione?
Sicuramente molto corretta, ne sono davvero lieto.
Sono rimasta piacevolmente ammirata da un altro suo brevissimo componimento, che recita così: “Mi manca la fame/di quei tramonti/memorie rinnovate tristi/Il canto si è spento”, tratto da “Il mio Universo”. Avverto una forte nostalgia della sua amata Terra, con una chiusa che in questo caso non offre ampi margini di speranza. In altre liriche, al contrario, la speranza si affaccia timidamente, segno del suo carattere solare e positivo. Come riesce a conciliare i ritmi di vita quotidiana con le momentanee oasi dei ricordi?
Sono i ricordi che, seppure frutto di positiva nostalgia, riescono a restituire speranza in un nuovo futuro, creando quell’oasi di serenità, che non è altro che un nuovo modo per ricostruire la nostra interiorità. Noi costruiamo il nostro futuro sulla base di quei preconcetti, che molto spesso vengono a condizionare la nostra anima.
In considerazione della sua policroma formazione accademica ed artistica, la lista delle domande da porre alla sua attenzione potrebbe essere interminabile. Intanto, vorrebbe parlarmi della sua lunga esperienza di docente?
Molto serena ed aggiungo, molto voluta e studiata nel corso della mia vita di scolaro e poi di studente, quando, con la decisione finale della facoltà di pedagogia all’Università di Palermo, si è rafforzata dentro di me l’idea di dedicare il resto della mia vita all’insegnamento, prima presso le scuole superiori, con l’abilitazione all’insegnamento di Storia e Scienze umane (Filosofia), quindi, con l’abilitazione all’insegnamento di materie letterarie (quando si insegnava il Latino, disciplina importante ai fini della formazione umanistica dei nostri giovani).
Oltre vent’anni fa ha fondato il “Circolo Culturale SMILE” a Vallecrosia, bellissima località dell’estremo ponente ligure. Attraverso l’Associazione, della quale è presidente, organizza eventi culturali di pregio, promuovendo incontri, dibattiti, conferenze e visite nelle scuole, alla scopo di sensibilizzare gli studenti e renderli più motivati e partecipi alla conservazione, la divulgazione e la crescita della cultura. Il Circolo in questi anni è cresciuto, grazie alla sua competenza letteraria, unita ad un’encomiabile serietà professionale. Con il tempo, le attività in seno allo SMILE si sono diffuse a livello nazionale ed internazionale, con il coinvolgimento di personalità di spessore che gravitano nell’universo culturale. Vorrebbe parlarmi del “Premio Giacomo Natta”?
Il Circolo Culturale SMILE nasce dalla consapevolezza di avviare con serietà e senso di responsabilità la cultura, la letteratura, la comunicazione. L’Associazione nasce a Ventimiglia all’insegna della cultura della poesia, con l’obiettivo di accarezzare gli animi e sollecitare vivi sentimenti di amicizia, di formazione di gruppi di buoni divulgatori di idee, di pensieri.
La vita dello SMILE, nella sua brevità temporale, registra ad oggi una lunghissima carriera ultraventennale di qualità, attraverso incontri con personaggi ricchi di cultura letteraria, scientifica, artistica, di problematiche sociali e di economia, senza trascurare, ovviamente, l’aspetto prettamente poetico con il Premio Letterario Internazionale, inizialmente dedicato ai vari Premi nobel italiani, quali Quasimodo, Pirandello, Montale, Deledda.
Successivamente, con la chiusura dopo nove anni di assidua attività commerciale del bar, che insieme alla mia famiglia avevo aperto nella città di frontiera, sono riuscito a farmi assegnare dal Comune di Ventimiglia una sede dove sono nati i “venerdì culturale”, con incontri mensili del primo venerdì di ogni mese. Vorrei inoltre sottolineare che vennero istituiti anche i “lunedì culturali”, che settimanalmente vedevano partecipare su invito personaggi noti della cultura, dell’arte e del sociale.
Ho messo tanta carne al fuoco; infatti, a questi incontri si aggiunsero i “Premi Smile”, giunti ad oggi alla diciottesima edizione, con oltre cinquantaquattro insigniti dell’omonimo premio.
A Vallecrosia, dicevo, abbiamo continuato con il premio Letterario dedicato ad un cittadino scrittore di Vallecrosia, poco conosciuto dai contemporanei, se non inesistente.
Dietro mia insistenza, in particolare presso gli uffici di sindaci ed assessori di Vallecrosia, finalmente, dopo un paio di anni è stata assegnata al nostro Circolo una microscopica sede, che ci dà modo di riunirci una volta al mese e programmare iniziative per il mese successivo e provvedere agli inviti.
Lo SMILE è metaforicamente una scala con tantissimi scalini; ne abbiamo percorsi diversi di vario genere. In primo luogo, quello che ci ha portato all’internazionalità, insieme al “Premio Smile”: premio di Poesia, giunto nel 2014 alla sedicesima edizione. L’anno scorso ho dovuto prendermi una pausa per motivi familiari assolutamente lieti: infatti, io e mia moglie siamo diventati nonni di Miriam, quindi ci siamo momentaneamente trasferiti a Pescara per stare volentieri vicino a mia figlia e godere di questa nuova condizione di nonni. Ma il mio amore per la poesia e per le arti letterarie resta sempre profondo; non esistono al mondo medicine che possano curarmi da questa piacevole malattia.
intervista di Daniela Cecchini del Corriere del Sud
fonte http://www.sanremonews.it
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