Giustizia? Un “storia” di inciviltà giuridica – 2° parte
Rispetto alla mia nota scritta ieri, 10 marzo (prima parte) sulla riforma della Giustizia, devo fare qualche lieve rimodulazione alla luce delle modifiche che il governo apporterà al testo, che sarà approvato oggi dal Consiglio dei Ministri, dopo l’incontro tra il Guardasigilli Alfano e il Capo dello Stato Napolitano.
Dico subito che l’impianto resta inalterato e inalterate le preoccupazioni per lo sconquasso che questa riforma porterà ad alcuni principi fondamentali che riguardano, sopratutto, l’autonomia ed indipendenza della magistratura e l’obbligatorietà dell’azione penale.
Con ordine, e ovviamente, per ssintesi: primo, il Consiglio Superiore della Magistratura (Csm), come già detto, sarà diviso in due. Quindi due saranno i Csm, uno per i giudici e l’altro per i pubblici ministeri. Mentre in un primo tempo si pensava di fare presiedere quest’ultimo al Procuratore generale della Cassazione eletto dal Parlamento, ora si pensa di farlo presiedere, al pari del Csm dei giudici, al Capo dello Stato. Secondo, no alla proposta della Lega di fare eleggere dal popolo i giudici onorari, proposta che se fosse passata avrebbe aperto la strada all’elezione popolare dei pubblici ministeri. Terzo, soluzione pilatesca per l’obbligatorietà dell’azione penale. Rimane si obbligatoria per il Pm ma secondo i criteri stabiliti dalla legge. In una parola, nella forma esiste, nella sostanza non esiste più. Tutto il resto rimane intatto e cioè la separazione delle carriere, la responsabilità civile dei Pm ridotti ad impiegati statali, svuotamento dei poteri dei Csm, compreso quello dei giudici, istituzione di una sorta di tribunale speciale, un’Alta corte di disciplina, divisa in due sezioni, una per i giudici ed una per i pm, limiti per i magistrati nel disporre della polizia giudiziaria, inappellabilità delle sentenze di assoluzione e abnorme potenziamento del ruolo del ministro della Giustizia. Stiamo parlando di una rivoluzione che comporterà mutamenti costituzionali, cioè per essere approvate tali disposizioni dovranno seguire la cosiddetta procedura aggravata prevsita per le modifiche della Costituzione, doppia lettura delle due camere a distanza di almeno tre mesi l’una dall’altra ed eventuale ricorso al referendum, con le modalità previste dall’art. 138 Cost., se le modifiche non hanno ottenuto in Parlamento una maggioranza di due terzi dei componenti in ciascuna camera. Ma , in cantiere, ci sono altre “riforme” relative sempre alla giustizia, devastanti, che non richiedono modifiche costituzionali, ma “solo” leggi ordinarie. E sono il disegno di legge sulle intercettazioni, sul processo breve (i processi si devono chiudere entro un certo tempo sennò si estinguono) e, forse, sull’ulteriore accorciamento della prescrizione per gli incensurati. Si comprende bene che la nostra democrazia rischia molto, come rischia molto il principio di legalità e della uguaglianza di fronte alla legge. Rischiano molto migliaia e migliaia di processi, una seria lotta contro la criminalità organizzata e contro i gravi reati dei “colletti bianchi”, pubblici funzionari, imprenditori e finanzieri, solo per fare qualche esempio.
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